PROGETTO DI RIORDINO DELL’UNIONE: LA FINTA DEMOCRAZIA ED IL RICATTO ECONOMICO

Qualche mese fa alcuni membri dell’Unione dei comuni della Romagna faentina, Sindaco di Faenza in testa, hanno dovuto ammettere le criticità, evidenziate dal nostro gruppo da anni, in tema di  partecipazione, rappresentatività e inadeguate attribuzioni di responsabilità delle decisioni.

Senza palesare le reali intenzioni, la maggioranza ha proposto diverse modifiche dello Statuto, che intende approvare in tutta fretta e che anziché sanare le criticità ammesse, vanno nella direzione di blindare l’uscita dei singoli comuni dall’Unione, prevedendo, in quel caso, tempi lunghi e penalizzazioni economiche.

Inoltre, si vuole dare più peso al Comune di Faenza  che nella formazione del nuovo Consiglio dell’Unione sarà sovrarappresentato, mentre non si risolve il problema di garantire la rappresentanza di tutte le minoranze elette nei comuni.
Così, pochi giorni dopo che il Consiglio dell’Unione ha ratificato la proposta del M5S di  introdurre forme di democrazia partecipativa nello Statuto, si sono rivelate intenzioni tutt’altro che democratiche.

L’Unione è stata realizzata a tappe forzate, senza nessun coinvolgimento dei cittadini, trasferendo tutte le decisioni dai singoli comuni alla stessa, anche per temi che sono di assoluta rilevanza per un singolo territorio, mettendo in evidenza clamorosi errori e generando inutili duplicazioni di attività, senza fornire ai territori i necessari riferimenti: dove sono, per esempio, gli sportelli polifunzionali, che dovevano essere già in funzione nei diversi comuni?

E’ evidente che la preoccupazione di questi politici è la conservazione del potere e non certo l’interesse dei cittadini.
E tanto meno la democrazia.

Non servirà aumentare i partecipanti al Consiglio dell’Unione ad un numero irrealisticamente elevato, se comunque non si garantisce che i rappresentanti di tutti i gruppi politici eletti possano partecipare, come non serve prevedere strumenti di Democrazia Diretta se poi non si applicano.
Perché non c’è’ stata una consultazione popolare sulla realizzazione dell’Unione, vista la pervasività del modello che è stato adottato?
Decisamente non è la democrazia l’obiettivo di queste decisioni, né l’interesse dei cittadini.

Un altro esempio l’abbiamo avuto con la recente modifica degli statuti delle  società partecipate: si è superato il principio di decisione in base alle quote di capitale e si è prevista la necessità di consenso di almeno metà del numero di Enti pubblici azionisti.
Apparentemente, si apre la possibilità di incidere anche da parte di piccoli azionisti.
In realtà, è la garanzia che, finché gli amministratori pubblici rispondono agli ordini di scuderia del Partitone, possono tutelare il loro potere piuttosto che l’interesse dei cittadini.
E così, in Con.Ami, una decisione già presa di distribuzione di fondi di riserva a beneficio dei comuni azionisti non viene onorata per mettere in difficoltà un unico azionista, il Comune di Imola, guarda caso quello in cui i cittadini, dopo 73 anni di governo di cui l’ultimo erede è stato il PD, hanno eletto una amministrazione 5 Stelle


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